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LUZZARA NON DIMENTICA | Ricordi luzzaresi - :: COMUNE DI LUZZARA ::

Ricordi luzzaresi

 

 

 


 

CESARE ZAVATTINI RICORDA L'ECCIDIO

 

Chi pasa dal me paes ad not al pensa
costi i'è fora ad tòt,
in dn'atar mond.
Nison inguinarés in stu silensi
che dès chi stava propria
in sti ca chè,
tant zuvan ch'i'è ancor viv
li madr'e i padar,
i ià impicà
pochi dé pròma della pace.

 

da Stricarm'in d'na parola, 1973

 

Chi passa per il mio paese di notte pensa:
"Questi sono fuori da tutto, di un altro mondo"
Nessuno indovinerebbe in questo silenzio
che dieci che abitavano proprio queste case,
tanto giovani che sono ancora vivi le madri e i padri,
li hanno impiccati
pochi giorni prima della pace.

 



RICORDI DI UNO SCOLARO DAL 1940 AL 1945

 

Sono in cimitero, per una visita alle tombe dei miei familiari defunti.

 

Quando passo, entro nelle due cappelle del monumento ai caduti della Resistenza, prima l'una poi, l'altra. Come spesso accade, mi soffermo a leggere le loro date di nascita e di morte: avevano 19, 20, 21 anni perlopiù, quando furono fucilati.

 

Mi sorprendo spesso a domandarmi: da quali pensieri era percorsa la loro mente, da quali sentimenti era agitata la loro anima quando presero la decisione di entrare a far parte delle Squadre d'Azione Partigiana? Di partecipare a quel grande movimento che fu poi chiamato Resistenza?

 

Altri si arruolarono, loro coetanei, nell'esercito della Repubblica di Salò come imponeva la legge vigente nell'Italia del nord.

 

Per ragioni d'età (di pochi anni la differenza che ci separava), la maggior parte di loro, i nostri caduti, ebbi modo di conoscerli in vita; e passavano spesso per la via dove abitavo, allora Via Ospedale Vecchio, poi pomposamente ribattezzata Principe Eugenio di Savoia (vincitore della Battaglia di Luzzara), e per l'ANAS semplicemente un tratto di strada, quella della Cisa.

 

Mi tormenta la domanda: perché?

 

Eppure erano cresciuti negli anni Venti e Trenta, secondo gli ideali del Fascismo; avevano frequentato la scuola pubblica di regime; erano stati allevati ed educati da quella scuola che dal regime dipendeva.

 

Perché vollero, decisero, divennero Partigiani, Antifascisti, Uomini della Resistenza?

 

Perché si opposero a costo della loro giovane vita?

 

Tullio Losi

 



RIFLESSIONI DI UN GIOVANE ANTIFASCISTA

 

Un caldo sole di primavera nasceva lentamente, risvegliando la Grande Pianura rossa del sangue dei giovani trucidati nella lotta di Resistenza. Riverberi abbaglianti animavano le acque del Fiume che cullava mollemente le membra ormai irrigidite dei suoi figli massacrati da quell'Uomo Nero che dopo l'8 settembre, come in un incubo, era tornato a mietere vittime con la sua ascia avida di vite.

 

La torre campanaria di Luzzara andava gradatamente rischiarandosi di luce nuova dopo aver resistito, indomita, alla Nera Tempesta.

 

Era il 12 Aprile 1945.

 

I caldi raggi di un nuovo sole d'avvenire ridestavano una Luzzara colma di Volontari della Libertà, mentre le truppe alleate si affrettavano nel completare la Liberazione nazionale.

Molti paesi della provincia di Reggio erano già insorti, ribellandosi senza attendere l'arrivo degli angloamericani e riconquistando l'agognata libertà eclissata per troppo tempo dalla cupa scure littoria.

 

I presìdi fascisti della Bassa Reggiana erano già stati in gran parte smantellati e i partigiani erano dietro ad ogni finestra, ad ogni angolo di strada, pronti a colpire sorretti dalla solidarietà popolare.

 

All'alba di quel mattino che precedette di pochi giorni la Liberazione, numerosi reparti della brigata nera, per rappresaglia, volendo punire Luzzara sopprimendo un buon numero dei nuclei partigiani più attivi, circondarono il paese e rastrellarono accuratamente l'abitato.

 

Verso le nove cinque camerati bussarono alla porta di casa Compagnoni.

 

Walter, tra lo stupore e la paura, riconobbe tra loro un amico suo commilitone ai tempi della leva e lo abbracciò calorosamente. Ma un altro milite estrasse la rivoltella e gli intimò di vestirsi e di seguirli nella piazza del paese dove erano stati radunati gli altri partigiani catturati.

 

In quel giorno di terrore settanta uomini furono arrestati.

 

Cinquanta furono portati a Reggio Emilia per gli interrogatori, venti vennero condotti a Reggiolo a piedi, correndo per dodici chilometri, quindi sottoposti a torture indicibili nei due giorni a venire.

 

All'alba del 14 Aprile, presso il cimitero di Reggiolo, sette sappisti luzzaresi vennero brutalmente fucilati dai fascisti in ritirata.

 

Walter. Enzo. Balilla. Federico. Claudio. Lino. Celestino.

 

Sette stelle d'argento, gagliarde d'avvenire, tutte e sette stroncate in un alba sola.

 

Martiri della Libertà, figli del Po e della Pianura, primogeniti di un'idea che non è stata sepolta con le loro spoglie mortali e che fa in modo che quei ragazzi e Arnoldo e Ermes e Fausto non siano mai morti.

 

Valerio Bonaretti

 


 

A FRANCO FILIPPINI

 

Franco,
Piccolo Patriota giocavi ancora,
già sognavi
un mondo libero e tutto verde.

 

Ironia della sorte sei stato
la prima vittima dell'eccidio
dei diciassette Partigiani
chiamati Ribelli del Nostro Paese
per mano di una serpe vile e barbara:
il Fascismo.

 

Come un criminale
t'hanno messo
con le spalle al muro
terrorizzato tu già sentivi
il senso dell'oblio di dover morire;
con gli occhi spalancati,
tra la folla indignata, cercavi
il volto di tua Madre
che non avresti più visto,
e lei t'invocava
con gli occhi pieni di lacrime.

 

Con coraggio non hai desistito
a quei vigliacchi che ti hanno spento la vita,
come tutti i Compagni morti per
la Resistenza.

Non vi dimenticheremo mai.
Viva la Libertà.

 

Oder Scaini, "il poeta del Po"

 


 

 

 



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